In
diversi nostri post abbiamo già menzionato il termine Matrix. Forse per
qualcuno potrebbe suonare un termine trendy un tantino filmografico,
costruito su qualche nozione spiritualistica orientale o esoterica.
Niente di ciò. Quando diciamo Matrix, intendiamo precisamente
l’illusione olografica che ci circonda e nella quale viviamo, le cui
forme illusorie sono costituite dai e nei livelli vibrazionali più bassi
della materia-energia. Traduciamo un articolo che parla di un recente
esperimento scientifico che sembra aver scovato il rumore di fondo
dell’Universo, cioè l’OM cosmico che tiene in piedi tutta la creazione,
la frequenza base della Matrix.
Guidando per la campagna a sud di Hannover, sarebbe molto facile non accorgersi dell’esperimento GEO600. Da fuori, non colpisce certo l’attenzione: su un campo sono edificati dei prefabbricati da cui emergono due lunghe trincee perpendicolari ricoperte di lamiera ondulata. Sotto le lamiere tuttavia, è nascosto un apparecchio scientifico lungo 600 metri, un gravity detector di costruzione tedesca.
Nel corso deli ultimi sette anni, il GEO600 ha cercato di rilevare le onde gravitazionali, ovvero delle increspature nello spazio-tempo generate da entità astronomiche super dense come stelle neutroniche e buchi neri. Finora il dispositivo non ha mai rilevato alcuna onda gravitazionale, ma potrebbe aver fatto inavvertitamente la più grande scoperta scientifica da mezzo secolo a questa parte.
Craig Hogan
Per molti mesi, gli scienziati del team si sono grattati la testa cercando di interpretare il rumore di fondo che sembrava aver contagiato il loro rivelatore gigante. Poi un ricercatore se n’è venuto fuori con la spiegazione. Guarda caso, era proprio colui che aveva già previsto in anticipo l’esistenza di questo segnale, ancor prima che la notizia del rilevamente gli fosse data. SecondoCraig Hogan, fisico presso il laboratorio di fisica delle particelle del Fermilab a Batavia, Illinois, GEO600 si è imbattuto nel limite fondamentale dello spazio-tempo, cioè il punto in cui lo spazio-tempo smette di comportarsi come il perfetto continuum descritto da Einstein e si dissolve invece in “grani “, proprio come una fotografia giornale si dissolve in punti quando si esegue uno zoom molto ravvicinato.
“Sembra che GEO600 sia squassata dalle microscopiche convulsioni quantistiche dello spazio-tempo ” dice Hogan. Se questo non bastasse a farvi saltare fuori dalle scarpe, Hogan, che è appena stato nominato direttore del Centro Fermilab per l’Astrofisica delle particelle, ha uno shock ancora più grande in serbo: “Se il risultato del GEO600 è quello che io sospetto che sia, allora stiamo tutti vivendo in un gigantesco ologramma cosmico.”
L’idea che viviamo in un ologramma probabilmente suona strana, ma è una naturale conseguenza della nostra conoscenza in materia di buchi neri, ed è qualcosa che peraltro ha già una base fisica teorica abbastanza solida. Questa scoperta è stata tremendamente utile anche ai fisici alle prese con le teorie che tentano di spiegare l’universo al livello più fondamentale. Gli ologrammi che vedete sulle carte di credito e sulle banconote sono incise su pellicole plastiche bidimensionali. Quando la luce ci rimbalza contro ricrea l’aspetto di una immagine 3D. Nel 1990 i fisici Leonard Susskind e il premio Nobel Gerardus ‘t Hooft hanno suggerito che lo stesso principio valesse per l’universo nel suo insieme. La nostra esperienza quotidiana potrebbe essere essa stessa una proiezione olografica di processi fisici che avvengono su una lontana superficie 2D.
Lignaggio fonte: www.newscientist.com → www.neatorama.com → ascendingstarseed.wordpress.com
Tratto da: http://lospecchiodelpensiero.wordpress.com
Guidando per la campagna a sud di Hannover, sarebbe molto facile non accorgersi dell’esperimento GEO600. Da fuori, non colpisce certo l’attenzione: su un campo sono edificati dei prefabbricati da cui emergono due lunghe trincee perpendicolari ricoperte di lamiera ondulata. Sotto le lamiere tuttavia, è nascosto un apparecchio scientifico lungo 600 metri, un gravity detector di costruzione tedesca.
Nel corso deli ultimi sette anni, il GEO600 ha cercato di rilevare le onde gravitazionali, ovvero delle increspature nello spazio-tempo generate da entità astronomiche super dense come stelle neutroniche e buchi neri. Finora il dispositivo non ha mai rilevato alcuna onda gravitazionale, ma potrebbe aver fatto inavvertitamente la più grande scoperta scientifica da mezzo secolo a questa parte.
Craig Hogan
Per molti mesi, gli scienziati del team si sono grattati la testa cercando di interpretare il rumore di fondo che sembrava aver contagiato il loro rivelatore gigante. Poi un ricercatore se n’è venuto fuori con la spiegazione. Guarda caso, era proprio colui che aveva già previsto in anticipo l’esistenza di questo segnale, ancor prima che la notizia del rilevamente gli fosse data. SecondoCraig Hogan, fisico presso il laboratorio di fisica delle particelle del Fermilab a Batavia, Illinois, GEO600 si è imbattuto nel limite fondamentale dello spazio-tempo, cioè il punto in cui lo spazio-tempo smette di comportarsi come il perfetto continuum descritto da Einstein e si dissolve invece in “grani “, proprio come una fotografia giornale si dissolve in punti quando si esegue uno zoom molto ravvicinato.
“Sembra che GEO600 sia squassata dalle microscopiche convulsioni quantistiche dello spazio-tempo ” dice Hogan. Se questo non bastasse a farvi saltare fuori dalle scarpe, Hogan, che è appena stato nominato direttore del Centro Fermilab per l’Astrofisica delle particelle, ha uno shock ancora più grande in serbo: “Se il risultato del GEO600 è quello che io sospetto che sia, allora stiamo tutti vivendo in un gigantesco ologramma cosmico.”
L’idea che viviamo in un ologramma probabilmente suona strana, ma è una naturale conseguenza della nostra conoscenza in materia di buchi neri, ed è qualcosa che peraltro ha già una base fisica teorica abbastanza solida. Questa scoperta è stata tremendamente utile anche ai fisici alle prese con le teorie che tentano di spiegare l’universo al livello più fondamentale. Gli ologrammi che vedete sulle carte di credito e sulle banconote sono incise su pellicole plastiche bidimensionali. Quando la luce ci rimbalza contro ricrea l’aspetto di una immagine 3D. Nel 1990 i fisici Leonard Susskind e il premio Nobel Gerardus ‘t Hooft hanno suggerito che lo stesso principio valesse per l’universo nel suo insieme. La nostra esperienza quotidiana potrebbe essere essa stessa una proiezione olografica di processi fisici che avvengono su una lontana superficie 2D.
Lignaggio fonte: www.newscientist.com → www.neatorama.com → ascendingstarseed.wordpress.com
Tratto da: http://lospecchiodelpensiero.wordpress.com
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