Con sentenza del 12 luglio, la Corte di Giustizia della UE ha
confermato il divieto di commercializzare le sementi delle varietà
tradizionali e diversificate che non sono iscritte nel catalogo
ufficiale europeo.
Fin dal 1998 è in vigore una direttiva della Comunità europea che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle ditte sementiere (le note multinazionali) vietandolo agli agricoltori. Ciò che i contadini hanno fatto per millenni è diventato così, di colpo, un delitto.
Con questa sentenza sono messe fuorilegge anche le associazioni di volontari impegnati nel recupero delle varietà antiche e tradizionali – ne esistono di benemerite anche in Italia – che commettono appunto questo crimine: preservano e distribuiscono a chi le chiede sementi fuori del catalogo ufficiale.
La sentenza ha preso di mira specificamente una di queste
associazioni, la francese (ma nota in tutto il mondo) Kokopelli, che si
batte per la biodiversità. Già nel 2008 questa associazione era stata
condannata, per scambio di sementi antiche, a una multa di 35 mila euro:
esosa punizione per un gruppo di volontariato, volta a renderne
impossibile di continuare l’attività. Invece l’attività è continuata,
grazie allo sforzo e ai contributi dei volontari. Sicchè oggi, un’altra
grossa società che l’ha trascinata in giudizio davanti alla Corte
d’appello di Nancy, la «Graines Baumaux», approfittando della sentenza
della Corte europea ha chiesto ai giudici francesi di imporre a
Kokopelli di pagare 100 mila euro per danni e inoltre – esplicitamente –
«la cessazione di tutte le attività dell’associazione», pericolosa per
il business , alla faccia della libertà d’opinione e d’azione. (lo
spaccio di droghe, invece, sta per essere depenalizzato).
Si noti che la direttiva europea non osa vietare semplicemente e
puramente lo scambio di sementi antiche: non vigono forse da noi tutte
le libertà possibili e immaginabili? Lo fa obliquamente. Se si chiede di
includere queste varietà nel catalogo ufficiale lo si ottiene – pagando
profumatamente – e da quel momento diventa legale commerciarle. Il
fatto è che queste varietà antiche e tradizionali sono di dominio
pubblico, non appartengono a nessuno, e quindi nessuno ha interesse a
sborsare per iscriverle nel catalogo. Ammettiamo che qualche buon
samaritano lo faccia: dopo vent’anni, se nessuno le re-iscrive nel
suddetto catalogo, comunque ne escono (e scambiarsele ridiventa un
delitto).
Ovviamente, l’inghippo è escogitato per favorire le multinazionali
delle sementi, che hanno i soldi e l’interesse economico di iscrivere
nel registro ufficiale i loro semi ibridi, OGM, di loro proprietà o
comunque brevettati. A causa di questa regolamentazione, accusa
Semailles (un’altra associazione francese) «più dell’80% della
biodiversità è scomparsa» dai campi europei.
Pardon, debbo correggermi: per iscrivere una semente nel catalogo
ufficiale, pagare non basta. Occorre che la varietà in oggetto risponda
ai criteri di «Distinzione, Omogeneità e Stabilità» (DHS nella lingua di
legno eurocratica), qualunque cosa ciò significhi. Ma cosa significano
esattamente questi criteri discriminanti? «Implicano che le sementi
siano pochissimo variate», rispondono a Kokopelli: «Solo varietà ibride
F1 o varietà lignee quasi cloniche rispondono a questi criteri. Tali
criteri sono stati stabiliti al solo scopo di aumentare la produttività
nelle prassi di agricoltura industriale».
Già: la Corte europea, nella sua motivazione , ha giustificato il
divieto del commercio delle sementi antiche e tradizionali con
l’obbiettivo, che giudica superiore ad ogni altro, di ottenere «una
accresciuta produttività agricola»; concetto che ripete per 15 volte nel
testo. Quasi che l’Europa fosse affollata di popolazioni malnutrite
come il Bangladesh, bisognose di aumentare le loro rese alimentari. Due
volte però la Corte giunge a sostenere che la legislazione
proibizionista in vigore serve a scongiurare «la coltivazione di sementi
potenzialmente nocive» (per contro, è legale che gli oncologi
somministrino ai malati di cancro chemioterapici tutti di altissima
tossicità, fra cui la ciclofosfamide, definita «cancerogena»
dall’Istituto Superiore di Sanità italiano > chemio.pdf).
È appena il caso di notare che le sementi antiche e tradizionali
sono già il risultato di una selezione – una selezione compiuta dagli
esseri umani da diecimila anni – con l’ovvia conseguente eliminazione di
specie «potenzialmente nocive» fin dalla preistoria, e che queste
piante hanno nutrito la popolazione europea da millenni.
Ma è questo il nucleo di «progressismo» che è la dottrina ufficiale
del potere eurocratico: l’esperienza plurimillenaria che l’umanità si è
tramandata (la «tradizione») non conta nulla, non è che tenebra e
sospetta superstizione; l’ultima parola cui dar fiducia, in fatto di
sementi, è quella della «scienza», qual è rappresentata da Monsanto,
Syngenta e le relative lobbies da queste pagate).
Lo stesso Avvocato Generale della Corte europea (ossia il «suo»
avvocato) ha fatto notare l’assurdità di questo pretesto, rilevando
giustamente che l’iscrizione obbligatoria al Catalogo non dichiara come
scopo quello di proteggere i consumatori contro un qualche rischio
sanitario o ambientale, a cui la legislazione vigente non fa’ alcun
riferimento. A dire la verità, la Corte ha preso la sua decisione contro
il parere del suo Avvocato Generale che, nella memoria depositata il 19
maggio precedente, rilevava che la registrazione obbligatoria di tutte
le sementi nel catalogo ufficiale era una misura sproporzionata e
violava i principii della libertà di esercizio dell’attività economica,
della non-discriminazione e della libera circolazione delle merci. Uno
dei tre dogmi del liberismo: non vige forse trionfalmente la «libera
circolazione di uomini, merci e capitali»?
Ebbene, per una volta la Corte ha infranto il dogma ed ha dato
torto alla sua Avvocatura Generale, altra cosa che non succede spesso,
per non dire mai. Forse – chissà – perchè la potente lobby dei
sementieri, la European Seed Association, durante la procedura ha avuto
modo di far conoscere alla Corte il suo disaccordo con l’opinione
dell’Avvocatura Generale; come oggi si rallegra in un comunicato della
totale convergenza della Corte con le sue vedute. Fortunata coincidenza.
(CJEU confirms validity of European seed marketing legislation)
«Perchè non esiste un registro ufficiale dei bulloni e delle
viti?», si domanda la sconfitta Kokopelli. Forse perchè non c’è una
Monsanto della minuteria metallica. Sottomettere le sementi ad una
procedura del genere, che esiste ed è giustificata per i medicinali e i
pesticidi, ha evidentemente il solo scopo di eliminare alla lunga le
varietà di dominio pubblico, e quindi liberamente riproducibili, per
lasciare in campo solo quelle brevettabili. L’agro-industria e le sue
lobbies difendono la regolamentazione con l’argomento che essa permette
di garantire il finanziamento della ricerca per specie «più resistenti e
più produttive». Strano che in nome del libero mercato si pretenda la
regolamentazione. La finanza invece, come ha preteso, è stata
completamente deregolamentata , sicchè oggi può vendere ogni genere di
titoli tossici, titoli sub-prime e prodotti derivati, fino ai CDS, che
consentono di assicurarsi contro il fallimento di qualcun altro, con cui
non si ha parte, in pratica puntando sul suo fallimento. Stranissima
poi l’invocazione della regolamentazione per favorire la ricerca; di
solito la ricerca pretende di essere totalmente deregolata, manipolare i
geni umani, ibridarli con geni di maiali, utilizzare feti abortiti
(volete buttarli via?) per la famosa ricerca sulle cellule staminali che
guarirà tutte le malattie…
È il bello della nuova forma di governo, la tecnocrazia
pan-europea, che sta sostituendo i governi eletti dopo averli
esautorati, resi irresponsabili e privati della sovranità nelle
decisioni che contano.
Per intanto, la drastica riduzione delle varietà e la preferenza
date alle artificiali che questa sentenza porta, non solo ridurrà ancor
più la biodiversità, ma priverà l’alimentazione degli europei delle
15-30 mila sostanze (se ne scoprono di continuo di nuove)
immuno-attivanti, antio-ossidanti, coenzimatiche, essenziali per la
salute umana che si trovano nelle verdure e frutta naturali, e che
l’amico medico Giuseppe Nacci chiama «vitamine» in quanto fattori vitali
(1). Già la coltivazione con fertilizzanti eccessivi «impedisce alle
piante di assorbire dal terreno i minerali più importanti, come Selenio,
Germanio, Ferro…» per non parlare dell’impoverimento dovuto alla
conservazione in celle frigorifere, o l’avvelenamento da pesticidi.
Ora diventa ogni giorno più chiaro che nelle verdure più comuni
sono contenuti migliaia di fito-sostanze e complessi chimici, di cui si
va scoprendo ogni funzione immuno-stimolante, detossicante, preventiva, a
volte, contro il cancro. «Un semplice pomodoro appena colto da un
terreno assolutamente privo di sostanze tossiche – scrive Nacci – può
contenere 10 mila sostanze chimiche diverse, ognuna delle quali è una
‘vitamina’, cioè un fattore coenzimatico o un anti-ossidante. Ciò vale
per tutte le verdure, gli ortaggi, i frutti, i tuberi…». Il sapore e
l’odore che le specie antiche e tradizionali hanno più deciso rispetto
alle moderne, spesso è dato proprio da questi fattori attivi ed
essenziali.
Quante meno sostanze contengono le poche varietà permesse, uguali
in tutto il mondo, non è dato sapere. Non è cosa che interessi la
«ricerca» delle multinazionali.
D’accordo, non potrete più trovare quelle zucchine bitorzolute che
coltivava vostro nonno, è diventato reato piantare quel certo pomodoro,
quel broccolo che aveva tutt’altro sapore. Poco male, le vostre libertà
aumentano di giorno in giorno. Se siete culattoni, potete sposarvi in
molti Paesi europei avanzati, e presto anche in Italia. E presto potrete
comperare la cocaina in tabaccheria, e se i cancerologi non vi
ammazzano prima, esigere l’eutanasia, finalmente liberalizzata.
L’interesse pubblico è salvo.
1) Giuseppe Nacci, «Diventa medico di te stesso», Editoriale
Programma, 334 pagine, 19 euro. Impressionante l’elenco contenuto in
questo libro di sostanze presenti nei vegetali, di cui è stata appurata
l’attività salutare. Oltre al menadione (vitamina K), inositolo
(vitamina I), stigmasterolo (vitamina M), l’acido tiuotico (vitamina N),
gli isprenoidi sono almeno 200, i bioflavonoidi 5 mila. E ancora:
indoli glucosinati (nel cavolo), llecitine, stilbeni, (Resveratrol),
tannini, terpeni, fito-enzimi proteolitici, minerali organici…
Tratto da: terra real time
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