Una aggressione (vedi video)
ai danni di un gruppo di militanti turchi impegnati in una campagna
pacifista contro la sempre più alta eventualità di un’attacco militare
del governo di Ankara contro la Repubblica Araba di Siria è stata
denunciata dalla sezione cittadina di Antakya del Partito dei Lavoratori
(IP) di Turchia, che intrattiene rapporti positivi con la coalizione di
governo siriana (composta da socialisti e comunisti) guidata dal
presidente Bashar al-Assad.
I membri di IP – una formazione della sinistra turca di antica tradizione maoista che unisce il marxismo con il patriottismo kemalista – stavano raccogliendo firme per una petizione che invocava non solo la pace fra i due paesi, ma anche la chiusura dei campi di addestramento dei ribelli siriani in Turchia. Nonostante si trattasse di un semplice banchetto in mezzo a una via, e per di più regolarmente autorizzato, la Polizia lo ha rimosso con la forza e ha arrestato due esponenti del partito che tentavano di trattare.
Erdogan reprime il dissenso
Responsabile della svolta repressiva degli ultimi tempi in Turchia è il premier Recep Erdogan,
che somiglia molto all’ex-capogoverno italiano Berlusconi nei metodi
fascisti di gestire le istituzioni e nel controllo quasi totale
dell’informazione, e che si è pubblicamente definito il “co-presidente”
del Nuovo Medio Oriente unitamente a George W. Bush prima e a Barak Obama
ora. Erdogan sta promuovendo una pericolosa politica economica
liberista basata sulle privatizzazioni, una politica culturale ed
educativa incentrata sull’islamismo e la selezione sociale degli
studenti nonché una rischiosissima politica estera “neo-ottomana”
eterodiretta da Washington e che prevede un’egemonia di Ankara in un
contesto però di balcanizzazione dell’area mediorientale (se necessario
partendo dalla stessa Turchia attraverso un processo federalista a
favore dei curdi, il cui movimento separatista è sempre più ben visto
dall’amministrazione nordamericana). Non è un caso, insomma, se per
procedere nei suoi intenti Erdogan abbia dovuto prima epurare tutti gli
ufficiali non fedeli alla NATO dallo Stato Maggiore turco, cosa
prontamente avvenuta nel silenzio dei media europei: Erdogan ha infatti
decapitato l’esercito turco (che storicamente rappresenta un pilastro
del laicismo e dell’unità nazionale), con diverse centinaia di generali e
alti ufficiali incarcerati negli ultimi mesi. Guarda caso si tratta di
ufficiali che si erano pubblicamente espressi in modo critico verso la
politica imperialista e guerrafondaia della NATO e dei partner USA e
Israele.
Un piccolo partito diventa protagonista
Il Partito dei Lavoratori è ultimamente
finito anch’esso nel mirino del governo turco: nonostante elettoralmente
sia debole e non disponga di nessun deputato nazionale, gode infatti di
ampio prestigio di massa nei sindacati, nel mondo accademico e nel
movimento anti-imperialista e contro la guerra. Il suo giornale
“Aydinlik” è recentemente passato da settimanale a quotidiano e il suo
canale televisivo “Ulusal Kanal” è diventata l’unica rete TV nazionale
di tutto il paese non controllata direttamente o indirettamente dal
premier Erdogan o dalla setta islamista del magnate turco-americano Fetullah Gülen
che finanzia il partito al governo. La repressione di Ankara è quindi
particolarmente accentuata: una larga fetta dell’ufficio politico del
partito si trova infatti in carcere preventivo senza un processo
regolare e, nonostante ciò, l’Unione Europea, di solito sempre molto
attenta a tali infrazioni dei diritti umani, in questo caso non si è
ancora fatta sentire) e ogni azione sul territorio viene
sistematicamente bloccata o disturbata dagli agenti o dai provocatori di
area islamista.
Nei
giorni scorsi IP era ancora salito agli onori della cronaca per la
denuncia alla magistratura, firmata dal vicepresidente del partito Hasan Basri Özbey (nella foto) contro il Presidente della Repubblica Abdullah Gül,
accusato di “alto tradimento” per aver svenduto gli interessi nazionali
della Turchia a potenze straniere e mettendo a repentaglio la stessa
sicurezza nazionale promuovendo avventurismi di guerra contro un paese
sovrano come la Siria che, per contro, non ha atteggiamenti ostili vero
Ankara se non di legittima difesa. Nel contempo IP aveva poi iniziato
una campagna contro il console generale degli USA ad Adana, Daira Darnell,
che gestiva i campi di addestramento militare dei ribelli siriani su
territorio turco, che i media occidentali descrive come innocui “campi
profughi”.
In migliaia per la pace e la solidarietà con la Siria
Intanto nella provincia
estremo-orientale della Turchia, Hatay, su iniziativa dello stesso
Partito dei Lavoratori alleato alla parte anti-imperialista del Partito
Repubblicano del Popolo (CHP) di ispirazione socialdemocratica,
unitamente all’Associazione in difesa del pensiero di Atatürk (ADD), il
sindacato dei docenti “Egitim-Is” e l’Unione della Gioventù di Turchia
(TGB), ha convocato un convegno con migliaia di persone (vedi video)
di solidarietà con la sinistra siriana impegnata al fianco del
legittimo governo di al-Assad nella lotta per la sovranità nazionale,
contro il terrorismo salafita e l’imperialismo euro-americano che sta
spingendo a una nuova guerra. Durante il convegno si è detto
esplicitamente che tutti i governatori della regione (siano essi del
partito di governo AKP sia dell’opposizione curda) del partito BDP si
sono tutti arresi agli USA.
Il silenzio dei media liberi occidentali
Come sempre e anche in questo caso
l’Occidente, con i suoi mass media liberi e le sue istituzioni
democratiche, dimostra una palese ipocrisia. Non solo di queste
importanti iniziative contro Erdogan e contro la guerra non si dice
niente facendo credere che i turchi siano unanimi dietro il loro governo
fantoccio, ma con una politica di difesa dei cosiddetti diritti umani
sempre più a geometria variabile, stanno rendendo gli stessi diritti
dell’uomo una grande farsa strumentale. I grandi media svizzeri, europei
e americani sembra abbiano ricevuto l’ordine di preparare l’opinione
pubblica alla presunto carattere “giusto” della nuova guerra. Questa
volta, però, si rischia il conflitto mondiale visto che dall’altra
parte ci sono due potenze come la Cina e la Russia che negli ultimi
tempi si sono più volte dette stanche delle continue aggressioni a loro
partner e ai loro vicini da parte del governo del premio Nobel per la
Pace Obama e della sua ministra degli esteri Hillary Clinton, che per tradizione famigliare ama far scoppiare delle guerre: Hillary è infatti moglie dell’ex-presidente Bill Clinton che già fece bombardare la Serbia di Slobodan Milosevic perché il governo di quel paese non svendeva agli americani la propria economia.
Fonte: sinistra.ch
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