14 dic 2013 – Sei Premi Nobel per l’economia, di diverse ideologie,
ci dicono tutti la stessa cosa: l’Euro e’ una patacca insostenibile.
Gli ultimi due ad aggiungersi alla lista di Nobel che sostengono cio’
sono James Mirrless e Christopher Pissarides. Tra un po’ rischiamo di
perdere il conto.
Partiamo da Paul Krugman che ci spiega perche’: “L’euro è campato in aria”
“Penso che l’euro fosse un’idea sentimentale, un bel simbolo di
unità politica. Ma una volta abbandonate le valute nazionali avete perso
moltissimo in flessibilità.
Non è facile rimediare alla perdita di
margini di manovra. In caso di crisi circoscritta esistono due rimedi:
la mobilità della manodopera per compensare la perdita di attività e
soprattutto l’integrazione fiscale per ripianare la perdita di entrate.
Da questa prospettiva, l’Europa era molto meno adatta alla moneta unica
rispetto agli Stati Uniti. Florida e Spagna hanno avuto una stessa bolla
immobiliare e uno stesso crollo. Ma la popolazione della Florida ha
potuto cercare lavoro in altri stati meno colpiti dalla crisi. Ovunque
l’assistenza sociale, le assicurazioni mediche, le spese federali e le
garanzie bancarie nazionali sono di competenza di Washington, mentre in
Europa non è così. L’Europa sarà sempre fragile. La sua moneta è un
progetto campato in aria e lo resterà fino alla creazione di una
garanzia bancaria europea. … Ricordiamoci però una cosa: l’Europa non è
in declino. È un continente produttivo e dinamico. Ha soltanto sbagliato
a scegliersi la propria governance e le sue istituzioni di controllo
economico, ma a questo si può sicuramente porre rimedio”.
Passiamo a Milton Friedman, che gia’ nel 1998 spiegava che la
Moneta Unica e’ un Soviet e Bruxelles e Francoforte prenderanno il posto
del Mercato.
“Niente di sbagliato, in generale, a volere un’unione monetaria. Ma
in Europa c’e’ gia’ ed e’ quella esistente di fatto tra Germania,
Austria e Paesi del Benelux. Niente vieta che, se ci tiene, l’Italia
aderisca a quella. Il resto e’ una costruzione non democratica. Piu’ che
unire, la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica anche
quelle che sono questioni economiche. La conseguenza piu’ seria, pero’,
e’ che l’euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di
regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica
sempre piu’ accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo
progetto e pensa che lo guidera’ in futuro vanno in questa direzione
dirigista. Ma non vedo la flessibilita’ dell’economia e dei salari e
l’omogeneita’ necessaria tra i diversi Paesi perche’ sia un successo. Se
l’Europa sara’ fortunata e per un lungo periodo non subira’ shock
esterni, se sara’ fortunata e i cittadini si adatteranno alla nuova
realta’, se sara’ fortunata e l’economia diventera’ flessibile e
deregolata, allora tra 15 o 20 anni raccoglieremo i frutti dati dalla
bendizione di un fatto positivo. Altrimenti sara’ una fonte di guai.
Cosa prevede succederà? Una riduzione della liberta’ di mercato. A
Francoforte siedera’ un gruppo di banchieri centrali che decidera’ i
tassi d’interesse centralmente. Finora, le economie, come quella
italiana, avevano una serie di liberta’, fino a quella di lasciar
muovere il tasso di cambio della moneta. Ora, non avranno piu’
quell’opzione. L’unica opzione che resta e’ quella di fare pressione
sulla Ue a Bruxelles perche’ fornisca assistenza di bilancio e sulla
Banca centrale europea a Francoforte perche’ faccia una politica
monetaria favorevole. Aumenta cioe’ il peso dei governi e delle
burocrazie e diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come
alla fine del secolo scorso, quando, col Gold Standard, l’Europa aveva
gia’ una moneta unica, l’oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una
banca centrale. Quello che c’e’ da dire sul mercato unico, piuttosto,
e’ che e’ reso piu’ complicato proprio dall’Unione monetaria che rende
piu’ difficili le reazioni delle economie, toglie loro strumenti e le
rende piu’ dipendenti dalle burocrazie”.
Passiamo a Joseph Stiglitz, che ci spiega che l’Euro, o cambia oppure è meglio lasciarlo morire:
“l progetto europeo, per quanto idealista, è sempre stato un
impegno dall’alto verso il basso. Ma incoraggiare i tecnocrati a guidare
i vari paesi è tutta un’altra questione, che sembra eludere il processo
democratico, imponendo politiche che portano ad un contesto di povertà
sempre più diffuso. Mentre i leader europei si nascondono al mondo, la
realtà è che gran parte dell’Unione europea è in depressione. La perdita
di produzione in Italia dall’inizio della crisi è pari a quella
registrata negli anni ’30. La realtà tuttavia è che la cura non sta
funzionando e non c’è alcuna speranza che funzioni; o meglio che
funzioni senza comportare danni peggiori di quelli causati dalla
malattia….. L’Europa ha bisogno di un maggiore federalismo fiscale e non
solo di un sistema di supervisione centralizzato dei budget nazionali.
….E’ poi necessaria un’unione bancaria, ma deve essere una vera unione
con un unico sistema di assicurazione dei depositi, delle procedure
risolutive ed un sistema di supervisione comune. Inoltre, sarebbero
necessari gli Eurobond o uno strumento simile. I leader europei
riconoscono che senza la crescita il peso del debito continuerà a
crescere e che le sole politiche di austerità sono una strategia
anti-crescita. Ciò nonostante, sono passati diversi anni e non è stata
ancora presentata alcuna proposta di una strategia per la crescita
sebbene le sue componenti siano già ben note, ovvero delle politiche in
grado di gestire gli squilibri interni dell’Europa e l’enorme surplus
esterno tedesco che è ormai pari a quello della Cina (e più alto del
doppio rispetto al PIL). In termini concreti, ciò implica un aumento
degli stipendi in Germania e politiche industriali in grado di
promuovere le esportazioni e la produttività nelle economie periferiche
dell’Europa. Quello che non può funzionare, almeno per gran parte dei
paesi dell’eurozona, è una politica di svalutazione interna (ovvero una
riduzione degli stipendi e dei prezzi) in quanto una simile politica
aumenterebbe il peso del debito sui nuclei familiari, le aziende ed il
governo (che detiene un debito prevalentemente denominato in euro). I
leader europei continuano a promettere di fare tutto il necessario per
salvare l’euro. La promessa del Presidente della Banca Centrale Europea,
Mario Draghi, di fare “tutto il necessario” ha garantito un periodo di
tregua temporaneo. Ma la Germania si è opposta a qualsiasi politica in
grado di fornire una soluzione a lungo termine tanto da far pensare che
sia sì disposta a fare tutto tranne quello che è necessario. E’ vero,
l’Europa ha bisogno di riforme strutturali come insiste chi sostiene le
politiche di austerità. Ma sono le riforme strutturali delle
disposizioni istituzionali dell’eurozona e non le riforme all’interno
dei singoli paesi che avranno l’impatto maggiore. Se l’Europa non si
decide a voler fare queste riforme, dovrà probabilmente lasciar morire
l’euro per salvarsi. L’Unione monetaria ed economica dell’UE è stata
concepita come uno strumento per arrivare ad un fine non un fine in sé
stesso. L’elettorato europeo sembra aver capito che, con le attuali
disposizioni, l’euro sta mettendo a rischio gli stessi scopi per cui è
stato in teoria creato.
Passiamo ad Amartya Sen, con la recente intervista “Che orribile idea l’euro”
«Mi preoccupa molto di più quello che succede in Europa, l’effetto
della moneta unica. Era nata con lo scopo di unire il continente, ha
finito per dividerlo. L’euro è stato un’idea orribile. Lo penso da
tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata.
Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I
punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi
per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le
tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno
l’Europa. Quando tra i diversi Paesi hai differenziali di crescita e di
produttività, servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo
farli, si è dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell’economia,
cioè più disoccupazione, la rottura dei sindacati, il taglio dei servizi
sociali. Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo.
È successo che a quell’errore è stata data la risposta più facile e più
sbagliata, si sono fatte politiche di austerità. L’Europa ha bisogno di
riforme: pensioni, tempo di lavoro, eccetera. E quelle vanno fatte,
soprattutto in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia. Ma non hanno niente a
che fare con l’austerità. È come se avessi bisogno di aspirina ma il
medico decide di darmela solo abbinata a una dose di veleno: o quella o
niente. No, le riforme si fanno meglio senza austerità, le due cose
vanno separate. La Germania ha sicuramente beneficiato della moneta
unica. Oggi abbiamo un euro-marco sottovalutato e una euro-dracma
sopravvalutata, se così si può dire. Ma non credo che ci sia uno spirito
del male tedesco. Non ci sono malvagi in questa cosa terribile che sta
succedendo. È che hanno sbagliato anche i tedeschi. E si è finiti con la
Germania denigrata».
E’ il turno di James Mirrless, che nel suo intervento a Venezia
all’Auditorium Santa Margherita per il ciclo ‘Nobels colloquia 2013′
dell’Università Ca’ Foscari, ha testualmente detto che “all’Italia
conviene uscire dall’Euro subito”
«Non voglio suggerire politiche per mutare la situazione attuale e
mi sento a disagio nel fare raccomandazioni altisonanti, perché non ho
avuto il tempo di valutarne le conseguenze. Però, guardando dal di
fuori, dico che non dovreste stare nell’euro, ma uscirne adesso.
L’uscita dall’euro non risolverebbe in automatico i problemi
dell’Italia, visto che, ad esempio, rimarrebbero le questioni derivanti
dalle politiche adottate dalla Germania. Ma non è comunque corretto
collegare le conseguenze di un’eventuale uscita da Eurolandia al venir
meno della lealtà e fedeltà come membri dell’Unione europea. Finché
l’Italia resterà nell’euro non potrà espandere la massa di moneta in
circolazione o svalutare: ecco perché si impone la necessità di decidere
se rimanere o meno nella moneta unica, questione non facile da
dirimere, perché la gente toglierà il denaro dai conti in banca prima
che questo accada. Probabilmente, dovreste sostenere il costo di
un’eventuale uscita, come avvenuto in Gran Bretagna (che non ha mai
abbandonato la sterlina), ma dovete essere pronti a pagare questo
prezzo. Se l’Italia tornasse in grado di svalutare ci sarebbe
sicuramente la possibilità di arricchirsi per chi togliesse in tempo i
soldi dalle banche; ma, per la Gran Bretagna, è valsa la pena, perché
poi ha avuto un andamento economico soddisfacente”. ”Tutto ciò non
comporta automaticamente l’aumento o la riduzione della pressione
fiscale. Però, in una certa misura, raccomanderei misure di sostegno ai
redditi, per aumentare il potere d’acquisto della popolazione. Ma solo
temporaneamente”. ”Se l’Italia dovesse uscire dall’euro alcuni grossi
problemi continuerebbero ad esistere, perché la Germania continua a
mantenere i livelli dei prezzi troppo bassi. E, se la Germania
continuerà questo atteggiamento, cosa che non intende cambiare, anche
per l’Italia continuerebbero le difficoltà di oggi. Uscire dall’Euro
significa fuggire, la crisi si può affrontare resistendo ad essa e
combattendo, ma i Paesi che scelgono di combattere lo facciano
considerando anche l’opzione della fuga. Mi sento però a disagio, come
persona esterna, nell’offrire soluzioni, anche perché mi chiedo se
abbiate abbastanza manager economici in grado di mettere in atto e
gestire l’espansione che potrebbe esserci».
E passiamo infine a Christopher Pissarides, nobel per l’economia
nel 2010, presidente del new Centre for Macroeconomics che dichiara
“Abbandonare l’Euro” dopo esserne stato nel passato un fautore:
«L’Unione Monetaria ha creato una generazione persa di giovani
disoccupati e dovrebbe essere dissolta». «Sono completamente stato
ingannato. Allora, l’euro sembrava una grande idea, ma ora ha prodotto
l’effetto contrario di quello che si aveva in mente ed ha bloccato
crescita e la creazione del lavoro. In questo momento sta dividendo
l’Europa e la situazione attuale non è sostenibile. L’Euro divide
l’Europa e la sua fine e’ necessaria per ricreare quella fiducia che le
nazioni europee una volta avevano l’una all’altro. Non andremo da
nessuna parte con l’attuale linea decisionale ed interventi ad hoc sul
debito. Le politiche perseguite ora per salvare l’euro stanno costando
all’Europa lavori e stanno creando una generazione persa di giovani
laureati. Non certo quello che i padri costituenti avevano in mente».
Ora, serve molto altro per capire che l’euro è la più grande disgrazia dopo il nazismo che abbia mai colpito l’Europa?
Si ringrazia Scenari Economici per l’ottimo lavoro di ricerca. L’articolo originale è pubblicato sul sito Scenari Economici.it
max parisi
Tratto da:http://terrarealtime.blogspot.it
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